Noi esseri umani siamo la somma di tutte le arroganze possibili, pensiamo di essere unici, creati a immagine e somiglianza di dei, e come dei crediamo di poter carpire i segreti dell’universo.
Io ritengo che la vera conoscenza ci sia preclusa. Bisogna considerare che noi non siamo singole unità che interagiscono fra di loro, si interfacciano per un breve istante per poi tornare ad essere singole particelle, libere e slegate da tutto. In realtà noi siamo le cellule di un enorme organismo che non comprende solo l’uomo ma la natura nel suo insieme, sia essa dotata di vita, come animali e piante, sia essa inerte, come cristalli, rocce, elementi chimici. Noi facciamo parte di un sodalizio non solo terrestre ma universale, in ciò consiste la nostra somiglianza ad un dio: l’appartenenza. Dal contrapporsi e confrontarsi degli elementi nasce la conoscenza, a cui possiamo accedere parzialmente essendo la nostra visione limitata dal fatto che noi facciamo parte integrante di tale conoscenza.
Conoscere se stessi è impossibile. Sappiamo che la semplice osservazione di un fenomeno modifica lo svolgersi del fenomeno stesso, quindi se noi cerchiamo di osservarci per conoscerci modifichiamo tale osservazione e ne ricaviamo dati alterati. Si badi non mi riferisco a semplici progressi tecnologici, ma alla conoscenza universale che vive dentro e fuori di noi in egual modo. Tale convivenza è spesso in armonia, ma ancor più spesso in contrasto, dove per contrasto non intendo un confronto dannoso ma un percorso iniziatico, un passo verso l’infinito, a cui possiamo tendere ma mai sperare di arrivare. Il bianco ed il nero, il bene ed il male, la luce ed il buio, sembrano essere elementi in contrasto tra loro, non lo sono, anzi sono un tutt’uno, una unione inseparabile per cui l’uno non può esistere senza l’altro. Se non vi fosse il buio il concetto di luce non avrebbe significato, se non vi fosse il male il bene sarebbe inesistente.
Tutto si basa sull’armonia sul principio che gli opposti si attraggono a formare un’unica imprescindibile realtà. Noi minuscole cellule di un immane corpo cosmico non possiamo che cogliere tenui e lontani bagliori di questa realtà, quella che noi crediamo essere la reale essenza delle cose è solo un riflesso deformato che giunge ai nostri sensi imperfetti.
Chi dunque può cogliere l’intima essenza della realtà universale? Nessuno.
Qualcuno pensi pure che vi sia un dio onnipotente che governa tutte le cose, per quanto mi riguarda non vi è maggior ordine del caos, non vi è più grande conoscenza dell’ignoranza, non vi è più infinito del finito nostro piccolissimo spazio temporale, spazio in cui la morte e la vita si uniscono in un indissolubile e creativo abbraccio.
Luigi Orsino
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12 marzo 2012 a 08:45
E’ un articolo denso di fascino, di poesia e di linguaggio aulico. Grazie, per il tuo contributo. Rosa Mannetta
12 marzo 2012 a 13:03
Credo che la realtà non vada mai preclusa e se succede e perchè ci viene imposta dai flussi della società in quanto bisognosi di crearsi varchi che creino apprendimento al meglio e senza ulteriori chiarezze definitive in quanto siamo in continuo flusso evolutivo e non , in quanto molti studiosi si occupano di psicanalizzare la massa e condurla in una situazione di massa, che si fonde e si scioglie con messaggi che si vogliono imprimere e ripetutamente trovando spesso contraddizioni e limiti per approcciare il vero senso delle cose.