Il libro del poeta Giovanni Moschella si legge con un impeto particolare, quell’impeto che scatena le emozioni in un crescendo di sensazioni miste a pacatezza e dolcezza, a nostalgia e realismo. Il poeta scrive: “Solo allora cercherò di conoscerti e ti ricorderò che sei nata da una lacrima di luna”, la lacrima di luce soffusa della luna, una luna permeata di tristezza; tristezza che sparisce “nei ritorni del sole”. Il ritmo della felicità incalza “in una nuvola così, all’improvviso consegnando il tuo sorriso al vento e alle stelle!”. La speranza si ritrova dopo aver toccato il fondo, “perché nelle tenebre, riesci a scorgere un barlume di luce…la luce della vita”. La speranza diventa un ideale di vita da vivere con quell’ottimismo che dipana la sofferenza. Le varie liriche evidenziano un invito a trovare e ritrovarsi in un animo libero, verso la pace interiore. Infatti, nella poesia “A Giovanni Paolo II”, il verso “è difficile parlare o stare in silenzio”, racconta lo smarrimento per la morte del pontefice polacco. E poi nel “Ricordo”, quando le gambe tremavano e le ovazioni del pubblico erano incoraggianti, il sipario del ricordo cala come un tempo ormai, trascorso. Alla fine risuona una sola parola: la speranza di una pace rassicurante. Un mondo migliore ci deve attendere.
Rosa Mannetta
9 marzo 2015
Cultura e Società