Giorgio Caproni è il poeta che è diventato “famoso” per l’analisi del testo, inerente alla prova di italiano degli esami di maturità del 2017. Diciamolo, era già conosciuto. I più lo conoscevano. Era amico di Pasolini. Egli ha scritto: “Non uccidete il mare, la libellula, il vento. Chi resta sospira nel sempre più vasto paese guasto…”. La difesa del territorio è evidente. Un Paese devastato, è un paese che non dà la possibilità di vivere in modo sano, è il paese “guasto”. Il nostro Giorgio Caproni ha tradotto “Il tempo ritrovato” di Marcel Proust, “I fiori del male” Charles Baudelaire, le poesie di Guillaume Apollinaire. Il poeta è stato innovativo. Perché? Egli ha scritto: “Per me la poesia deve essere emozionale. I lettori non devono capire i miei versi, li devono vivere”. L’approccio alla poesia è solo sentimento. Il lettore si emoziona con le parole dello stesso poeta. La verità storica, viene descritta con l’anima del verso. E’ il segreto poetico del Nostro Giorgio. Nella lirica, “Foglie”, scrive: “Quanti se ne sono andati. Quanti. Che cosa resta”. E’ un appello accorato verso chi abbandona la propria città e va via, per lavoro, in altri luoghi. Amaro, quel “Che cosa resta”. Resta ciò che si è. Ciò che si diventerà. E’ un messaggio attualissimo che riguarda i nostri giovani. E’ il messaggio verso quelli che dovrebbero andare in pensione e non possono…trattenuti fino alla soglia dei settanta anni. E’ il messaggio lugubre. Ma cosa resterà? Resterà una vita vissuta per lavorare. E poi? E poi si vivrà quel tempo agognato. Quel tempo che non si conosce. Mario Luzi scriveva: “Si dura era la pietra…”. E noi, usciremo dalla coltre di pietra? Forse, bisogna crederci.
Rosa Mannetta
25 luglio 2017
Cultura e Società