Un pomeriggio Maria Rita legge. Uno squillo, la distoglie. Prende la cornetta: “Pronto, con chi parlo?”.
– Sono Enzo – disse qualcuno. Non è qualcuno e lei lo sa. Enzo era il suo compagno di liceo, la terza B. Lo ha incontrato sabato scorso, al supermercato. Era andata di corsa e si era scontrata con Enzo. Enzo, la canaglia affascinante, Enzo che non faceva dormire nessuna. Lo volevano tutte.
“Cosa fai? Non disturbo, vero?”.
“Sto leggendo un libro interessante. In questi giorni chiusa in casa devo fare qualcosa. Leggo, ascolto musica. Due giorni a settimana eseguo un’attività fisica nel soggiorno”.
“Io mi annoio in casa – dice – il tenebroso. Sono stanco della televisione. Sono stanco di andare a correre sul mio vasto terrazzo. Cucino, rassetto. Sono stanco della quarantena. Sono stanco di questo Covid 19, inutile. Dannoso e inutile. Sono contento che ci siamo scambiati il numero di cellulare. Voglio diventare umano”.
“Ti comprendo. Stiamo vivendo il periodo del virus. Ci dobbiamo adattare. Difficile, ma non impossibile”.
“Mi ricordo di te. Sei sempre stata bella. E oggi, abbiamo 42 anni, ma tu sembri più giovane. Ma come hai fatto?”.
“Sono giovane perché sono piena di interessi. Non mi fermo su un divano”.
“Ci vedremo a distanza di un metro nella piazzetta San Carlo? Ti va?”
“Hanno detto che il 4 maggio, si potrà uscire. Ti aspetto”.
La quarantena ha forse formato un rapporto da vivere. Forse. Si vedrà.
Rosa Mannetta
26 aprile 2020
Cultura e Società